classi 3^ - 4^
per martedì 25 novembre
La Stampa
- giovedì 20 novembre: V. Zagrelsky - I dubbi sulla scelta dei giudici, pag. 1-27
M. Brambilla - Diritto senza giustizia, pag. 1-27 (+ articoli pag.2-3)
Il Corriere della Sera - giovedì 20 novembre: articoli pagg. 5-6
Il Sole 24 Ore - giovedì 20 novembre : articoli pag. 17 ( per chi è riuscito a prenderlo, notate il taglio diverso nel riportare la notizia)
DA CERCARE/CAPIRE/SAPERE:
1) leggete in maniera ampia in modo da capire la vicenda
2) concetto di prescrizione del reato
3) reato di disastro ambientale colposo
4) ripassare il funzionamento dei tre gradi di giudizio e il ruolo del pm
5) l'omicidio si prescrive?
L'OPINIONE
"Beccaria, 250 anni fa, sosteneva che fosse meglio che il giudice pronunciasse una sentenza ingiusta applicando alla lettera la legge, piuttosto che la interpretasse liberamente. Spettava al legislatore modificare la legge. " Cosa ne pensate?
Esprimete eventuali dubbi e domande sul blog, risponderemo in classe.
Vi allego l'articolo di Carlo Federico Grosso pubblicato sulla Stampa di venerdì 21 perchè mi sembra molto utile.
SÌ, LA CORTE POTEVA DECIDERE DIVERSAMENTE (Carlo Federico Grosso)
L’epilogo della vicenda giudiziaria Eternit è
sicuramente una vergogna. Condotte delittuose gravissime, accertate
giudizialmente in modo certo, che avevano dato luogo a condanne di primo e di
secondo grado pesanti, sono improvvisamente svanite dissolvendosi nel nulla.
Liberi tutti, dunque, o quantomeno libero l’unico soggetto condannato dal
giudice di appello. Com’era inevitabile, ieri sono esplose le polemiche, che
hanno investito – nelle parole dello stesso Presidente del Consiglio –
soprattutto l’istituto della prescrizione, che ancora una volta avrebbe fatto
irruzione nel processo penale producendo guasti dirompenti. Di qui l’urgente
necessità, si è ribadito, di cambiare le regole penali del decorso del tempo.
Nella vicenda Eternit, tuttavia, la disciplina
della prescrizione non è, forse, la responsabile principale dello sconcertante
esito giudiziale. La cassazione ben avrebbe potuto infatti eludere, con
un’interpretazione diversa della legge penale, gli effetti perversi dello
scorrere degli anni. Nel processo Eternit la procura di Torino aveva contestato
il delitto di disastro, reato che si realizza quando viene cagionato un evento
dirompente di vaste proporzioni che crea una situazione di pericolo per la vita
o l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone. E’ pacifico che a
realizzare tale delitto non è necessario che si verifichi la morte o la lesione
personale di qualcuno, ma è sufficiente che taluno, cagionando l’evento
distruttivo – il crollo di un edificio, il naufragio di una nave,
l’inquinamento di un ambiente – faccia sorgere il rischio che un numero
indeterminato di persone rimanga ucciso o sia menomato nell’integrità fisica.
Se per effetto del disastro si verifica la morte o la malattia di qualcuno, con
il delitto di disastro concorreranno quelli di omicidio e di lesioni personali,
tanti quante sono le persone uccise o comunque offese.
Il problema è sorto quando ci si è domandati in
quale momento il reato di disastro si consumi. Secondo l’interpretazione
maggioritaria della cassazione, ciò si verificherebbe quando le condotte che
cagionano la situazione di pericolo (ad esempio l’inquinamento di un ambiente)
vengono a cessare (ad esempio, perché l’ambiente viene bonificato o l’attività
produttiva nociva viene interrotta). Secondo un’interpretazione minoritaria, la
persistenza dell’insorgere di malattie o del verificarsi di decessi impedirebbe
invece di considerare concluso il fatto disastroso, che rimarrebbe vivo fino a
che tutte le patologie o gli eventi collegati al disastro si siano esauriti. In
questa prospettiva il delitto di disastro verrebbe meno soltanto quando si sia
verificato l’ultimo decesso o l’ultima malattia collegata alla situazione di
pericolo.
La spiegazione tecnica di quanto è avvenuto nella
vicenda Eternit risiede tutta in questa divergenza d’interpretazione. Tribunale
e Corte di Appello di Torino, per non considerare prescritto il reato
contestato dalla Procura, avevano fatto affidamento sulla nozione di disastro
«allargata» agli eventi di morte e di lesione personale. La cassazione,
ribadendo quanto aveva già più volte stabilito, ha invece individuato il
momento consumativo del reato in quello in cui la «fabbrica delle polveri»
aveva cessato di produrre. Così individuato il «tempo del commesso reato»,
dichiarare la prescrizione era giocoforza sulla base di un semplice calcolo di
anni, mesi e giorni trascorsi.
Avrebbe potuto tuttavia, la cassazione, decidere
diversamente? Certo che sì: considerata l’eccezionalità della situazione, la
particolare gravità della vicenda delittuosa e le ragioni di giustizia
sostanziale inevitabilmente sottese al caso sottoposto al suo giudizio avrebbe
potuto optare per l’interpretazione contrapposta del momento consumativo del
reato di disastro. Non lo ha fatto perché, tecnicamente, sarebbe stato
sbagliato farlo? E’ difficile rispondere, perché in diritto non è frequente
poter discernere con sicurezza ciò che è tecnicamente corretto e ciò che è
tecnicamente scorretto. Quando la lettera della legge non è vincolante e si
apre alla possibilità d’interpretazioni differenti, il giudice, purché motivi
adeguatamente la sua decisione, è tutto sommato libero di orientare le proprie
scelte tecniche sulla base degli scopi di giustizia che intende perseguire.
Stabilito che il giudice di legittimità, nella
vicenda giudiziaria Eternit, non era costretto dall’assoluta ineluttabilità
della legge penale ad optare per l’interpretazione prescelta del momento
consumativo del reato, la «responsabilità» della disciplina attuale della
prescrizione per l’esito abnorme di tale vicenda inevitabilmente si stempera.
Anche in pendenza della disciplina vigente, l’effetto estintivo del decorso del
tempo avrebbe potuto essere evitato; dato il lungo periodo trascorso dalla
chiusura dell’Eternit, a fronte dell’interpretazione «rigorosa» seguita dalla
cassazione anche una più ragionevole disciplina della prescrizione non avrebbe
d’altronde potuto, verosimilmente, evitare l’estinzione del reato di disastro.
Ben venga comunque, ora, l’indignazione (tardiva)
dei politici per gli effetti dirompenti della prescrizione (come è stata
delineata qualche anno fa dalla c.d. riforma ex Cirielli) sul sistema di
giustizia italiano. Se tale indignazione dovesse condurre a riformare
finalmente l’istituto in modo da renderlo adeguato ai tempi necessari a portare
a termine i processi penali, l’esito della vicenda giudiziaria Eternit, al di
là dello sconcerto che inevitabilmente suscita, avrebbe quantomeno prodotto un
risultato positivo. Purché ovviamente, sull’onda dell’indignazione, non si
finisca per cadere nell’eccesso opposto: eliminare cioè pressoché del tutto, o
ridurre inmodo spropositato, gli effetti estintivi del decorso del tempo. La
ratio della prescrizione – e cioè non punire il delinquente che, a distanza di
anni dalla commissione del reato, magari si è redento o si è rifatto una vita –
mantiene infatti, intatta, la sua efficacia persuasiva.